Pensiero sulle letture del giorno del 14 marzo

Prima Lettura

Dal libro del profeta Michèa (Mi 7,14-15.18-20)
Pasci il tuo popolo con la tua verga, il gregge della tua eredità, che sta solitario nella foresta tra fertili campagne; pascolino in Basan e in Gàlaad come nei tempi antichi. Come quando sei uscito dalla terra d’Egitto, mostraci cose prodigiose. Quale dio è come te, che toglie l’iniquità e perdona il peccato al resto della sua eredità? Egli non serba per sempre la sua ira, ma si compiace di manifestare il suo amore. Egli tornerà ad avere pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati. Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà, ad Abramo il tuo amore, come hai giurato ai nostri padri fin dai tempi antichi.

Salmo Responsoriale

Sal 102 (103)
Misericordioso e pietoso è il Signore

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Non è in lite per sempre,
non rimane adirato in eterno.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;
quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.

Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 15,1-3.11-32)
In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

 

“L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono”.
Così recita in un suo versetto il salmo 48 riferendosi alla difficoltà per l’uomo di percepire in modo equilibrato la realtà della propria natura umana nei momenti in cui le difficoltà sono assenti. Anche se ad affermarlo è un testo sacro, in realtà la veridicità di questa affermazione non avrebbe bisogno di ispirazione divina in quanto appartiene alla saggezza popolare: tutti noi siamo consapevoli che quando tutto procede bene non abbiamo una equilibrata visione della nostra natura umana considerata nella sua totale durata, così come ci è difficile immedesimarci nelle difficoltà degli altri.
Questa semplicissima verità è espressa anche, nel brano del Vangelo di Luca del Figliol prodigo, seppure come motivo secondario, adombrato da temi dominanti ben più importanti presenti nella Parabola, come la capacità di perdono e l’amore senza condizioni del Padre, l’umiltà del saper ritornare sui propri passi del figlio prodigo e anche l’egoismo del fratello maggiore. Ad una considerazione più approfondita però non possiamo non porci la domanda su come sarebbe andata la vicenda se il figlio prodigo fosse riuscito a valorizzare le proprie risorse e non avesse fatto quella misera fine. E ancora, è vero pentimento il suo ritorno, di fatto motivato dal baratro in cui era precipitato? La domanda può sembrare esagerata e fuori luogo visto che una parabola è una vicenda di fantasia ma a pensarci bene succede continuamente anche nella nostra vita reale, quando sentiamo il bisogno di pregare solo quando viviamo momenti difficili o ci accorgiamo degli altri solo quando ci sentiamo in colpa o peggio quando ne abbiamo bisogno.
Rimandiamo le domande essenziali della vita umana solo nei nostri momenti peggiori, magari con l’illusione di aggiustare le cose solo alla fine della nostra vita, con pentimenti all’ultimo minuto. Ma siamo così certi che nei momenti della sofferenza, della prova e della morte saremo capaci di fare quello che non abbiamo imparato a fare nei momenti migliori? Inoltre, trovare risposte ai grandi interrogativi della vita umana non è cosa che serve solo a guadagnare in una vita futura ma anche a vivere in pienezza la vita presente. Penso che l’odierno brano di Vangelo ci solleciti anche a riflettere su questo. Ritengo che non sia determinante il motivo per cui si ritorna nella casa del Padre. Ciascuno di noi ha i suoi motivi basati sulla propria storia e sulle sfumature della propria personalità. L’importante è che impariamo a vivere un’esistenza autentica, non lasciandoci ingannare da false proposte di benessere e felicità. Il cuore grande di Dio sarà capace di accoglierci comunque.

Scarica le Letture del 14 marzo